dire.it ROMA – “La Cenerentola dello spettacolo, e’ stata sempre definita cosi’” la danza. Ma proprio oggi che ne ricorre la Giornata Mondiale, l’appello di Amalia Salzano, danzatrice, coreografa e presidente di A.I.D.A.F. (Associazione italiana danza attivita’ di formazione) e’ che “tutto il settore sia cosciente di essere una grande forza e che lo dimostri allo Stato. Parliamo di un minimo di 30mila scuole sul territorio, con un ‘indotto’ tra allievi e insegnanti di 5 milioni di persone”.
Sono numeri importanti quelli che Amalia Salzano, “tutta una vita dedicata alla danza”, ha commentato intervistata da DireDonne, puntando il dito sulla “vacatio normativa del settore che dura dal 1974” e ricordando il valore del “patrimonio di formazione” che rischia di scomparire in questa grande crisi. Per queste scuole passano migliaia di giovani, “talenti che portano il nome dell’Italia all’estero, ma anche gli allievi che non diventeranno danzatori professionisti saranno persone migliori, amanti del bello, avranno avuto una formazione artistica”.
Ed e’ questa la missione di A.I.D.A.F, “che si occupa di formazione” e dialoga ai tavoli istituzionali “all’interno del comparto di AGIS – Associazione generale italiana dello spettacolo – la piu grande associazione di categoria nata per la tutela del mondo dello spettacolo, dalle Fondazioni liriche fino alle compagnie private”.
Gli insegnanti di danza, cosi’ come il variegato mondo delle scuole dove si insegna, non sono di fatto riconosciuti. Questa la storia: “Dal 1974 e’ stata abolita una norma- ha spiegato Salzano- che stabiliva all’epoca che per insegnare danza bisognasse essere diplomati presso l’Accademia nazionale di danza. Fu resa incostituzionale dalla Corte in base all’articolo 33: ‘L’arte e’ libera e libero ne e’ l’insegnamento’. Dopo questa abolizione ci si aspettava una regolamentazione del settore, purtroppo mai avvenuta. A.I.D.A.F. e’ nata nel 1999 e dopo una dura battaglia, nel ‘Codice sullo spettacolo dal vivo’, approvato a fine novembre 2017, si era raggiunto il risultato di una regolamentazione del settore formativo: dal titolo degli insegnanti, all’individuazione di un percorso professionalizzante, al riordino delle scuole.
La legge pero’ non ha mai continuato la sua attuazione”. Questo ha comportato un non riconoscimento degli insegnanti di danza in Italia, “ai quali bisogna dare dignita’” e una situazione delle scuole che sono “disperse in mille ragioni giuridico fiscali: dalle associazioni culturali, alle partite Iva, alle ASD (le associazioni sportive dilettantistiche)”.
Uno dei punti piu’ dibattuti e’ proprio quello delle scuole di danza che sono diventate ASD “facendo capo a Enti di promozione sportiva e al CONI”. Amalia Salzano alla Dire ha spiegato “senza alcuno snobismo culturale che le regole dello sport non sono quelle della danza, che e’ arte, si fa attraverso il corpo e con lo sport ha in comune valore sociale, ma la danza si fa in teatro e nelle scuole di danza si crescono danzatori”. Parliamo quindi di mondi con una “strutturazione diversa.
E un insegnante di danza, che trasmette questa formazione, “e’ un professionista e quella dilettantistica non e’ la collocazione giusta”. “Tutte le eccellenze e anche i non professionisti che hanno studiato la disciplina della danza vengono dalle scuole private”.
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